Note di regia di "Un uccello molto serio"
In questo cortometraggio non si racconta l’ennesima storia di un tradimento. Si racconta un delitto: quello che Matteo crede di aver commesso nei confronti di Mara. La mattina successiva alla notte travolgente trascorsa con Angela, come un killer che non vuole essere scoperto, egli cerca di eliminare qualsiasi traccia dell'amplesso. Attanagliato dalla paura d’essere scoperto e dal senso di colpa, entra in una spirale paranoide e psicotica.
Il racconto di Ammaniti scandisce un crescendo sul filo della follia, con colpi di scena esilaranti. Ma ciò che mi ha particolarmente affascinato di questa storia è che Matteo fa tenerezza: ha provato per una volta a lasciarsi andare alla libidine e alla trasgressione, ed è caduto miseramente. È un uomo vittima della propria bontà, della paura di ferire la moglie, della propria incapacità di mentire. Visivamente la storia si svolge su tre livelli: il tempo presente, il tempo passato e quello ipotetico che è poi il motore narrativo.
Ogni volta che Matteo si lascia andare a un ricordo, quello si materializza; ogni volta che cerca di nascondere una prova del tradimento, gli appare Mara pronta a smascherarlo. Il tutto viene rappresentato con l’ausilio di effetti speciali digitali, compositing e slow motion. È quasi un viaggio nei generi cinematografici. All’inizio la macchina da presa che striscia sul pavimento restituisce un'atmosfera da film noir. Ma poi lo spettatore si ritrova in una commedia all’italiana, che vira sempre più verso il grottesco. In un'epoca in cui dolori, amori, abbandoni, omicidi, trasgressioni vengono passati sotto la lente d’ingrandimento ed esposti con cinismo attraverso plastici, analisi d’indizi, esami del dna, intercettazioni telefoniche, ognuno di noi può sentirsi braccato, e anche solo per nascondere di aver rubato la marmellata rischiare di tagliarsi un dito. Chissà che dopo aver visto questo film qualcuno non vada di corsa a casa a nascondere qualcosa…
Lorenza Indovina