TFF36 - PROCESSO A CATERINA ROSS restaurato
Ci sentiamo vicini e distanti da
Caterina Ross, assistendo alla rappresentazione del suo processo – imputata per stregoneria – che ne fa
Gabriella Rosaleva, regista sensibile e concreta.
Le parole sono quelle tratte dagli atti ufficiali del 1697 e ci arrivano scarne e dirompenti come possono esserlo le dichiarazioni di una contadina ingenua che, interrogata con freddezza e spietata malizia, si fa prima incredula, poi disperata, infine sopraffatta. E noi con lei.
Tale è la vibrazione di ciò che viene detto che non si sente la necessità di orpelli visivi, anzi; scarnificata il più possibile, la messa in scena procede per quadri quasi immoti. Con un espediente estetico molto efficace, Rosaleva incornicia (comprime) l'inquadratura nella sagoma di un fotogramma di pellicola; così facendo crea distanza emotiva ma allo stesso tempo un senso di soffocamento.
L’atmosfera gelida e disumana è aumentata all'ennesima potenza dalla desolazione della location: una vecchia stazione ferroviaria diroccata (l’unico suono – straniante – è quello del treno inesistente) dove tutto è a sua volta ‘riquadrato’. Come in una serie di scatole cinesi ogni livello di ‘quadratura’ è un livello di prigionia (fisica, mentale, sociale, …).
La bravissima
Daniela Morelli dosa gesti e postura, sempre più accartocciata su se stessa più entra nel vortice dell’inevitabile, e con la sua voce restituisce all’indifesa Caterina l’innocenza perduta.
01/12/2018, 08:33
Sara Galignano