BERLINALE 70 - "Favolacce" genitori, figli, benessere e disperazione
Non è facile digerire "
Favolacce". Ma non è facile nemmeno capirlo, il nuovo film dei
Fratelli D’Innocenzo che tornano a Berlino, stavolta in Concorso, dopo l’esordio di “La Terra dell’Abbastanza”.
Questo racconto ipercinefilo, chiuso tra una citazione e un suggerimento estetico, isolato come il quartiere dove vivono i personaggi principali, forse si riesce a mandar giù solo dopo averlo a lungo masticato, dopo la fine della proiezione e un epilogo che di sicuro colpisce allo stomaco.
Durante il film lo spettatore riesce a farsi mille domande e altrettante valutazioni di personaggi e situazioni, dettate dalla scrittura e dalla regia dei D’Innocenzo, che tagliano con l’accetta le categorie sullo schermo: genitori rozzi, stupidi e impreparati e figli, di conseguenza, con evidenti problemi psicologici e comportamentali.
La periferia e la nuova piccola borghesia appaiono stolte e incolte, con il benessere economico che non riesce a diventare evoluzione culturale, almeno tra i più grandi. I bambini vanno bene a scuola, sembrano evoluti ma hanno un po’ tutti qualcosa che non funziona. E il gradino che si forma, tra gli inetti genitori e i disturbati bambini, crea il carburante che fa muovere la storia. Forse questo gradino è troppo alto, funzionale a dimostrare una tesi eccessiva ma non certo a creare una storia che si muove nella normalità e che dunque può risultare poco credibile durante la visione.
Ma è la conclusione che giustifica lo svolgimento, che crea la tesi e concretizza un messaggio strano ma apprezzabile, in cui l’unico personaggio coerente e credibile, non “favolistico” è il vero pazzo, il professore, unico adulto capace di comunicare e comprendere i ragazzi. Purtroppo.
"
Favolacce" dei
Fratelli D'Innocenzo è un film strano, pesante e a volte fastidioso, incoerente e sconcertante ma ha fascino. E per il cinema italiano di oggi non è poco.
25/02/2020, 20:50
Stefano Amadio