ALICE NELLA CITTA' 20 - "I nostri ieri"
Il cinema come terapia "impossibile", come mezzo più efficace per rielaborare lutti e colpe, come mezzo ideale per fare comunità e ridare speranza: è un estremo atto d'amore (e di fiducia) per la Settima Arte il cuore de "
I nostri ieri" di Andrea Papini, che torna alla regia di un film dopo diversi anni da "La velocità della luce" e "La misura del confine".
Un documentarista impegnato in un lavoro in carcere legato al cinema, interpretato con la consueta passione da Peppino Mazzotta, cerca di realizzare con i detenuti un progetto che mescola documentario e tecnologia, il dentro e il fuori dalle mura di quella prigione in cui i suoi protagonisti sono forzati a vivere.
Ripercorrere i loro crimini e le loro vite fuori, far dialogare le riprese all'esterno (nei loro luoghi, con le loro famiglie) e quelle nel grigio dell'interno: ma il primo detenuto con cui lavora è condannato per un omicidio e rivivere quel dramma tocca corde emotive ancora troppo sensibili, i familiari della vittima si rivoltano e il tutto rischia di essere interrotto. Ma il potere salvifico del cinema aiuterà.
"I nostri ieri" elabora un esperimento già apprezzato nel doc in realtà virtuale "
VR Free" di Milad Tangshir, che usava nel modo migliore la tecnologia per far incontrare il dentro e il fuori di un carcere, "abbattendo" grazie al cinema e al digitale barriere altrimenti insuperabili. Papini (forse inconsapevolmente) parte da lì, aggiunge una buona sceneggiatura e un bel cast (da Di Leva a Scoccia, da Tantucci a Roveran, anche i ruoli minori sono ben curati) e costruisce un film che sa emozionare e differenziarsi dalla massa.
VIDEO INTERVISTA CON MARIA ROVERAN E ANDREA PAPINI23/10/2022, 20:00
Carlo Griseri