L'INVENZIONE DI NOI DUE - In cerca di romanticismo
Una coppia come tante, una storia d'amore, i suoi alti e bassi, le ragioni di lui e quelle di lei: sono gli ingredienti tipici di tanti racconti cinematografici, che per differenziarsi e rendersi unici devono cercare elementi peculiari, se non negli eventi quanto meno nel modo in cui sono esposti.
Corrado Ceron, all'opera seconda dopo l'ottimo esordio di "Acqua e anice", dirige una sceneggiatura altrui e si affida per la prima volta a
Lino Guanciale e per la seconda a
Silvia D'Amico. I due sono Milo e Nadia, coppia conosciutasi (in modo decisamente insolito) sui banchi di scuola e ora stancamente insieme.
Che fare, per rianimare un racconto che ha le caratteristiche di tantissimi altri racconti? Mescolare le carte, sovrapporre i piani temporali, inventarsi angoli di ripresa insoliti, confondere la platea? Ceron - che nel suo esordio era stato molto lineare nelle scelte ma ha un passato da cortista sperimentatore - sembra non fidarsi completamente del testo a sua disposizione e si gioca tutte queste possibilità insieme, senza ottenere però i risultati auspicati.
Troppi i piani temporali, ad esempio: se l'idea, comprensibile, è quella di rendere la confusione di ricordi ed emozioni che una coppia in difficoltà può rivivere nel tentativo di rimettere insieme i pezzi, la confusione però alla fine è soprattutto in chi guarda, purtroppo.
L'affinità tra Guanciale e D'Amico non arriva al punto da giustificare la frase di lancio del film, un po' impegnativa ("
Il film più romantico dell'anno"); l'empatia con le vicissitudini affettive di Milo e Nadia stenta a carburare: resta l'originale meccanismo di "seduzione" tra i due e il curioso tentativo scritto di rimettere le cose in sesto, a cui si aggiungono alcuni bei personaggi di contorno (in particolare il "fratello di lui", interpretato da un Francesco Montanari convincente come raramente altrove).
17/07/2024, 09:00
Carlo Griseri