LA MACCHINA DEL TEMPO - In lavorazione il corto di Fabio Bagnasco
Sta per prendere forma
La macchina del tempo, il nuovo cortometraggio firmato da Fabio Bagnasco, regista e autore da sempre attratto dai territori liminali tra realtà, allucinazione e tempo interiore. Il progetto, attualmente in preparazione, si ispira in parte alla controversa vicenda del cronovisore di Padre Ernetti – ben raccontata nel saggio di Davide Pulici – ma la declina in forma del tutto originale, affondando lo sguardo nei labirinti della psiche e del ricordo.
Il protagonista del corto è un regista che sta realizzando un documentario sulla propria vita. Nel tentativo di mettere ordine in un passato lacerato, ricorre a immagini di repertorio, frammenti visivi raccolti nel tempo, come se potessero restituire coerenza e senso all’intero percorso esistenziale. A sostenerlo in questa impresa è la sua compagna, figura presente ma inquieta, che condivide l’ossessione del protagonista pur temendone le derive.
Ma l’archivio non è innocente. Più il montaggio procede, più il confine tra ciò che è accaduto e ciò che è immaginato inizia a sfaldarsi. I materiali di repertorio si popolano di presenze ambigue, di dettagli inspiegabili, di volti forse mai conosciuti. L’atto creativo si trasforma in un rituale pericoloso, una vera e propria macchina del tempo in grado di resuscitare non solo i ricordi, ma anche i fantasmi sepolti nella mente.
Il cronovisore come metafora
Pur non comparendo esplicitamente, l’eco del cronovisore di Padre Ernetti attraversa il racconto come una suggestione simbolica. L’idea di un dispositivo capace di "vedere nel passato" si trasforma qui in un concetto cinematografico e psichico: il montaggio come atto divinatorio, il cinema come macchina del tempo che non solo registra, ma reinventa e deforma.
Nel film di Bagnasco, la ricerca del vero diventa un atto di disgregazione mentale, dove il bisogno di capire il passato si scontra con la sua natura mutevole, manipolabile, fittizia. Il documentario autobiografico diventa così un’opera impossibile, che rivela più di quanto il regista stesso sia disposto ad affrontare.
Visione e atmosfera
La macchina del tempo si preannuncia come un cortometraggio denso e stratificato, sospeso tra cinema sperimentale, horror psicologico e introspezione emotiva. L’estetica si muove tra immagini d’archivio manipolate, ambientazioni claustrofobiche e una fotografia che alterna il reale al viscerale. Il passato emerge come un territorio ostile, dove ogni fotogramma può nascondere un trauma, un’illusione o una verità rimossa.
Con questo lavoro, Fabio Bagnasco indaga il potere del cinema non solo come mezzo di rappresentazione, ma come strumento di evocazione, quasi esoterico, che può aprire portali e ferite. Un’opera breve ma ambiziosa, capace di mettere lo spettatore davanti a una domanda disturbante: è possibile davvero raccontarsi, o il tentativo stesso ci condanna a perderci nel riflesso deformante di ciò che siamo stati?
17/06/2025, 09:00