FRATELLI DI CULLA - Uno splendido ritratto della società italiana
Non finisce mai di stupire il regista
Alessandro Piva. Dopo averci conquistato al primo film con “La capaGira” (David al miglior regista esordiente venticinque anni fa), dopo averci regalato pochi film ma tutti di ottimo livello (uno per tutti “Mio cognato” del 2003 con la coppia perfetta formata da Luigi Lo Cascio e Sergio Rubini) il regista nato a Salerno nel 1966 ma cresciuto a Bari, si cimenta di nuovo con il mondo dei documentari.
Ecco “
Fratelli di culla” già presentato all’ultimo Bifest; in poco più di un’ora, uno splendido ritratto della società italiana, segnata da alcuni cambiamenti epocali, filtrati attraverso il mondo femminile. Prendendo spunto dalla storia del brefotrofio barese chiamato IPPI, ovvero l’istituto provinciale per l’infanzia, a due passi dal mare in via Amendola 189, Alessandro Piva ci trascina in quei luoghi dove regnava totalmente un mondo femminile animato da suore, balie, educatrici e di tante ragazze madri che lì hanno lasciato (spesso loro malgrado) le loro povere creature.
Stanze di dolore, di sofferenza, di tanti pianti ma anche di attimi di felicità raccontati in prima persona da una lunga serie di testimonianza di chi in quelle stanza austere ha lavorato per anni. Con un unico preciso obiettivo, quello di rendere felici il più possibile queste piccole creature abbandonate alla nascita, in attesa poi di un’altra famiglia che li accudisse. Un racconto dietro l’altro anche di chi ha vissuto l’attesa di una adozione. Toccante, commovente, emozionante.
Piva dimostra di essere assolutamente all’altezza nel gestire un incredibile “materiale emotivo”, attraverso il quale si parla dell’Italia e delle trasformazioni a cui è andato incontro il mondo femminile. Dal dopo guerra, anni in cui qualunque ragazza madre poteva essere cacciata di casa dalla famiglia per lo scandalo, alla fine degli anni sessanta in cui la donna prende consapevolezza del proprio ruolo nella società. I primi movimenti di contestazione post sessantotto, la legittima consapevolezza di voler e poter gestire in prima persona il proprio corpo e la propria maternità.
E’ davvero un'emozione ascoltare dopo mezzo secolo le parole di una combattiva Oriana Fallaci in immagini di repertorio durante un dibattito televisivo: “
Mi auguro che stasera nessuno di noi dimentichi che a restare incinte siamo noi donne, che a partorire siamo noi donne, che a morire partorendo, abortendo o non abortendo siamo noi donne. E che la scelta tocca a noi. La decisione tocca a noi”, ricorda con veemenza la scrittrice fiorentina.
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Fratelli di culla” è davvero un eccellente lavoro che parte come una cartolina sbiadita, animata di neonati e bambini di cui sembra persino di avvertirne gli odori di cacca e di latte. Fino ai giorni nostri, dove alcuni protagonisti dell’epoca, tornano con emozione in quella struttura oramai vuota e fatiscente che conserva ancora tante lacrime, tanti ricordi e tanti dolori.
17/07/2025, 18:43
Federico Berti