VENEZIA 82 - UN ANNO DI SCUOLA di Laura Samani
Dopo un'opera prima di enorme successo di critica come "
Piccolo Corpo", che nel 2021 ha imposto sul panorama internazionale il talento della triestina
Laura Samani, le strade da percorrere per la regista potevano essere principalmente due: sfruttare quanto realizzato, affrontando un'opera seconda che ricalcasse la prima (in costume, con atmosfere da leggenda popolare) o mostrare che si sa, si può e si vuole fare anche qualcosa di completamente diverso. E viene difficile immaginare qualcosa di più lontano da "Piccolo Corpo" di "
Un anno di scuola", presentato in anteprima nella sezione Orizzonti alla Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezi numero 82.
Una giovane studentessa svedese si trasferisce con il padre a Trieste: lui ha il compito di "tagliare teste" in una grande azienda locale, lei quello di sopravvivere - se non integrarsi - in una classe tutta maschile dell'ITIS Marie Curie, per l'ultimo anno di superiori prima della maturità e prima di poter seguire i suoi sogni di donna. Bionda, bella, straniera (oltre che sostanzialmente unico esponente del genere femminile nell'istituto): da subito per
Frederika detta Fred (nomignolo maschile che l'aiuterà a omologarsi, per quanto possibile) le cose non sono semplici, vittima di un bullismo che confina spesso con la molestia. Lentamente, un trio di amici legatissimi tra loro si avvicinerà a lei, dapprima attratto fisicamente ma poi conquistato anche dalla capacità della ragazza di adeguarsi ai loro scherzi e alle loro abitudini, arrivando anche a capire il loro dialetto (che si tratti di mimesi necessaria o di comportamento naturale non è dato saperlo, probabilmente ci si trova in un territorio di mezzo).
"
Un anno di scuola", che prende liberamente ispirazione anche dall'omonimo romanzo di
Giani Stuparich, è - nelle parole di Samani - legato a sue dirette esperienze passate: "
Da adolescente, ho trascorso la maggior parte del tempo con un gruppo di tre maschi. Essere l’unica femmina mi sembrava un privilegio, ma comportava anche pressioni invisibili: loro potevano dire tutto ciò che volevano, mentre i miei desideri venivano percepiti come una minaccia". Se alcuni aspetti possono apparire un po' didascalici (il trio di amici rappresenta tutti gli standard prevedibili: il bello dannato ma fragile, il compagnone ubriacone e un po' sfigato, l'intellettuale alternativo), il film convince pienamente, sapendo coinvolgere e interessare anche chi non dovesse amare troppo il genere "coming of age", evitando di banalizzare un tema a forte rischio stereotipo.
L'inizio sembra costruito a tavolino per segnare una cesura con il passato dell'autrice: colori accesi, titoli di testa sgargianti, la musica coinvolgente degli
Andy Warhol Banana Technicolor (con un brano dal titolo indicativo per quello che vedremo: "The Future"), una realtà (quasi, siamo nel 2007) contemporanea.
Ma ci sono anche diversi punti in comune tra le due opere di Samani: l'ambientazione regionale, una giovane donna protagonista che si rivela molto più forte di quanto appaia (e di quanto creda lei stessa a inizio racconto) e una consapevolezza del percorso riservato ai propri personaggi. E poi, non ultima, la capacità evidente di scegliere volti e voci perfetti e di saper dirigere al meglio attori e attrici agli inizi:
Stella Wendick (Fred), Giacomo Covi (Antero), Pietro Giustolisi (Pasini) e Samuel Volturno (Mitis) sono tutti al loro esordio, perfetti - soprattutto Wendick - nel rendere emozioni, insicurezze, difficoltà di una fase della vita sensibile per chiunque.
31/08/2025, 14:15
Carlo Griseri