VENEZIA 82 - “Portobello”, tra racconto collettivo e personale
Marco Bellocchio e il cast hanno raccontato la serie dedicata alla vicenda drammatica di Enzo Tortora, presentata fuori concorso. Con Fabrizio Gifuni, Lino Musella, Barbora Bobulova, Romana Maggiora Vergano. Prossimamente su HBO Max.
La scintilla per Marco Bellocchio è arrivata dalla lettura del libro “
Lettere a Francesca”, la raccolta di missive scritte dal giornalista e celebre presentatore della popolare trasmissione Rai “Portobello” Enzo Tortora alla compagna durante il periodo trascorso in carcere dopo essere stato accusato ingiustamente di traffico di stupefacenti e associazione mafiosa. La serie “Portobello” diretta da Bellocchio, che ha scritto la sceneggiatura insieme a Stefano Bises, Giordana Mari e Peppe Fiore, sarà disponibile entro marzo 2026 sulla nuova piattaforma streaming HBO Max. A Venezia 82 sono stati presentati fuori concorso i primi due episodi.
“Quelle lettere mi hanno colpito profondamente”, racconta il regista, “Tortora era un uomo innocente in carcere. All’epoca del successo di “Portobello” mi sembrava lontano da me, ma se 28 milioni di persone lo seguivano con entusiasmo un motivo c’era”. Da qui è nata l’idea di affrontare uno dei casi più dolorosi e controversi della storia recente italiana, un clamoroso e ignobile errore giudiziario.
Se la memoria collettiva ha custodito l’immagine di Tortora come conduttore di Portobello e vittima di una giustizia superficiale, la serie di Bellocchio prova ad andare oltre la cronaca, restituendo il ritratto di un uomo, il suo dramma, ma anche un’immagine dell’epoca. «È indubbio che questa vicenda sia una ferita profonda – osserva Fabrizio Gifuni che nella serie interpreta il giornalista, “sullo sfondo c’è un’Italia che cambia faccia: nel 1983 ci lasciamo alle spalle i corpi di Pasolini e di Moro, e all’improvviso si interrompe un percorso”. L’attore ha scavato nelle carte e nei testi scritti dal conduttore, riscoprendo un’intelligenza corrosiva e un coraggio inaspettato. «Tortora scriveva cose che oggi farebbero saltare sulla sedia. Attaccava con forza la Rai, difendeva la liberalizzazione delle televisioni quando esisteva solo la grande azienda di Stato. Eppure, negli anni, cresceva attorno a lui un’antipatia sotterranea. Forse la gioia barbara di vedere cadere una celebrità, ma anche altro. Non apparteneva a nessuna scuola politica, non era né democristiano né comunista, né massone. Questo lo rendeva scomodo, non incasellabile».
“Io credo che le persone cambino, nei limiti dell’umano”, ha continuato Bellocchio, “non siamo mai uguali a noi stessi per tutta la vita. E in questo lavoro ho cercato di cogliere proprio quei cambiamenti, di connettere Tortora ad altre figure che ho raccontato: Moro, ma anche Edgardo in "Rapito". Non è autobiografia, è piuttosto un modo di intrecciare le storie italiane con un sentimento personale. E per farlo serve sempre un rischio: scrivere, girare, affrontare l’oscurità di ciò che la storia ufficiale non ci racconta”.
È da questo approccio che nasce anche una delle scene più significative della serie: il provino per “Portobello” di una ragazza che, restando immobile per dieci minuti davanti alla cinepresa, piange a comando. “Mi ispirai a un filmato di Andy Warhol, ricorda Bellocchio, quella scena rappresenta la dimensione cinica di Tortora, il suo timore che il tempo che ci impiegava a piangere potesse danneggiare la diretta televisiva. Solo dopo, attraverso la sofferenza, maturerà una sensibilità diversa”.
Il resto del cast racconta di aver vissuto questo lavoro come un viaggio non solo artistico, ma umano. Lino Musella confessa: “Non conoscevo bene la vicenda. È stato un incontro che mi ha cambiato, anche per la fiducia che Marco ci ha accordato. Il mio personaggio, Giovanni Pandico, uomo di fiducia del boss Raffaele Cutolo, apparteneva a un altro emisfero rispetto a Tortora, eppure c’era un filo invisibile. È stato difficile tirar fuori autenticità da figure che nella vita erano spesso maschere. Dietro le scelte folli c’era un mondo interiore che andava raccontato passo dopo passo”.
Per Barbora Bobulova, invece, il ritorno sul set con Bellocchio dopo 28 anni è stato un vero tuffo nel tempo. “L’ultima volta è stata con “Il principe di Homburg”. Qui mi ha dato carta bianca per interpretare Anna Tortora, la sorella di Enzo. Di lei si sapeva pochissimo, solo un’intervista rilasciata a pochi mesi dall’arresto a Enzo Biagi. Abbiamo costruito insieme un personaggio silenzioso, ma fondamentale: la sorella devota, sempre accanto al fratello, dal primo “Portobello” fino agli ultimi giorni».
Romana Maggiora Vergano interpreta Francesca Scopelliti, la compagna di Tortora: “Io ho 27 anni, nel 1983 non ero neppure nei pensieri di mia madre. Quando le ho detto del ruolo, ho visto nei suoi occhi riaffiorare la tragedia. Ho capito lì quanto quella storia avesse colpito tutti. Io mi ci sono avvicinata ascoltando un podcast, “Indagini” di Stefano Nazzi, un linguaggio vicino alla mia generazione. Poi ho cercato le immagini, e il volto segnato di Tortora nelle foto che ho trovato sul web mi ha trafitto. Attraverso le lettere a Francesca ho percepito la forza di un amore discreto, mai esibito, ma centrale nella vita di quell’uomo. Lei non entrò mai in carcere, forse per non alimentare lo scandalo: eppure, in ogni riga, era presente».
Ne emerge così un lavoro corale, in cui la memoria individuale e quella collettiva si intrecciano. La serie di Bellocchio riporta Enzo Tortora al centro della scena non per riabilitarlo, la storia lo ha già assolto, ma per ricordarci la ferita che lasciò.
02/09/2025, 08:00
Caterina Sabato