VENEZIA 82 - I premi della IV edizione di “Cinema&Arts"
In occasione della
82° Mostra Internazionale di Arte Cinematografica La Biennale di Venezia sonostati assegnati nel pomeriggio del 4 settembre 2025, al Hotel Excelsior del Lido di Venezia, negli spazi del Venice Production Bridge, i premi della IV edizione di “
Cinema&Arts”, ideato da Alessio Nardin e organizzato e curato da Kalambur Teatro, Associazione Culturale Ateatro e Accademia Eleonora Duse - Centro Sperimentale di Cinema e Arti Performative.
Il premio si è oramai consolidato in questi anni come uno sguardo sull’interazione e la presenza di diverse arti nel cinema contemporaneo. In particolar modo l’influenza e la contaminazione tra cinema, diverse forme di manifestazioni artistiche e le nuove tecnologie, con un occhio di riguardo per la musica e le arti performative dal vivo.
La giuria qualificata, composta dal regista internazionale Alessio Nardin, Oliviero Ponte di Pino critico e studioso di rilievo e Antonio Giuseppe Bia giovane attore, è stata quest’anno affiancata da un gruppo di studio di oltre 30 allievi del Percorso Triennale per Registi ed Attori della Accademia Eleonora Duse - Centro Sperimentale di Cinema e Arti Performative.
Le opere vincitrici dei premi sono state tre: due in ex-aequo come miglior film e una relativa al miglior artista multi-disciplinare.
Nel corso dell'evento, in una sala gremita di pubblico ed in presenza delle delegazioni internazionali dei film vincitori, è stato proiettato al pubblico della Mostra in prima assoluta “Teatri da inventareGli artisti di Venezia 75” (Italia, 2022) a cura di Centro Teatrale Santacristina, regia di Jacopo Quadri
Sono state proiettate le testimonianze di Robert Wilson, Meredith Monk, Federico Tiezzi e Sandro Lombardi. Le 12 interviste, a cura di Oliviero Ponte di Pino, sono consultabili presso Archivio Storico della Biennale di Venezia - ASAC
Molto partecipato anche il dibattito con gli artisti dei film premiati e successivamente l’incontro con gli autori e i produttori del film proiettato con l’approfondimento delle tematiche e dei progetti legati al premio “Cinema&Arts”.
LE MOTIVAZIONI DELLA GIURIA
MIGLIOR FILM
THE TALE OF SILYAN di Tamara Kotevska
Produzione North Macedonia (2025) 80’ colore
Cinematographer Jean Dakar, Editor Martin Ivanov, Music Joe Wilson Davies, Hun OukPark,
Sound Aleksandar Proti
The Tale of Silyan è un docu-film ispirato a una fiaba popolare macedone che ha per protagonista la cicogna bianca: Silyan. Il mito parla di un bambino che dopo un litigio con il padre si trasforma in una cicogna bianca e vola via per cercare la propria libertà, pur continuando ad anelare il ricongiungimento con il padre e la famiglia. La regista Tamara Kotevska, incrocia il mito di Silyan con la realtà della famiglia di Nikola, un contadino macedone. La crisi economica e le moderne produzioni intensive rendono insostenibili le
attività delle tradizionali aziende agricole: i familiari di Nikola sono costretti ad abbandonare la comunità macedone in cui vivono e a emigrare nelle ricche città dell’Europa in cerca di lavoro. Proprio mentre Nikola, tra un lavoro occasionale e un altro, medita di raggiungere la famiglia, incontra in una discarica una cicogna bianca ferita. L'uomo si prende cura dell'uccello ferito: il loro rapporto porterà a un finale inatteso. La regista fonde con rara capacità e delicatezza l’epos popolare della fiaba con la vita contemporanea. Fotografa con meticolosa precisione la vita del contado macedone e la sua routine tra campi coltivati in modo “primitivo” ed essenziale, raccolti abbondanti portatori di speranze, vendita ai mercati, fallimenti, delusioni e piccoli gesti di resilienza quotidiana. I due mondi, quello della favola e quello reale reale, appaiono e spariscono alimentandosi l’un l’altro, fino a trasformarsi in un'allegoria dove uomo e animale sono protagonisti del medesimo racconto. Questa metamorfosi rispecchia il processo artistico con cui la regista esplora diversi temi sociali: la migrazione, la relazione tra l’uomo e la natura, la tutela dell'ambiente di fronte al progresso tecnologico. Una menzione speciale va alla fotografia, fondamentale per fondere la tecnica documentaristica con il mondo onirico e favolistico. Notevole anche il lavoro con gli interpreti del film, persone prima che attori: nella loro natura più concreta, danno vita a relazioni umane di rara sintesi e delicatezza.
QUI VIT ENCORE (WHO IS STILL ALIVE) di Nicolas Wadimoff
Produzione Svizzera (2025),113’, colore
Qui vit rncore (Who is still alive) è un documentario che porge, come in un brutale atelier fotografico, i ritratti intimi di nove abitanti di Gaza le cui vite sono state stravolte dall'attacco
israeliano e che sono riuscite a rifugiarsi in Egitto. La ricostruzione simbolica della mappa di Gaza tracciata sul pavimento di uno spazio teatrale, dove sono simbolicamente indicati i luoghi in cui vivevano, porta uomini e donne provenienti da contesti sociali diversi, spesso sopravvissuti tra le macerie delle loro case bombardate, a ritrovare e condividere i ricordi della loro vita prima della guerra, le loro perdite personali e la distruzione dei loro quartieri e del loro mondo. Il film è una cruda testimonianza di ciò che è accaduto e sta accadendo a Gaza. Il metodo del “teatro documentario” è utilizzato come un rituale contemporaneo che non simula una rappresentazione ma offre un potente mezzo espressivo che fa emergere in modo diretto e brutalmente reale le vite devastate dal conflitto. Chi guarda queste immagini, ascolta queste parole, è costretto ad abbandonare la posizione dello spettatore passivo: diventa il testimone di una devastazione insensata e inaccettabile. La voluta semplicità e precisione di una fotografa essenziale apre allo spettatore una diversa percezione: le immagini evocate dai racconti in prima persona si sovrappongono alle immagini che si vedono sullo schermo, in un vero e proprio meta-cinema. Il film di Nicolas Wadimoff in modo molto concreto, senza cadere mai nella retorica o nel facile sentimentalismo, è un gesto sociale e politico. Al mondo della statistica, con il numero dei morti che cresce giorno dopo giorno, contrappone la vita reale delle persone, ciascuna con la sua storia e la sua identità, gli affetti, la vita quotidiana, travolte dalla violenza, dalla paura, dal dolore, dalla perdita delle persone care. E' uno sguardo su quello che è accaduto e sta accadendo a Gaza, un compito che dovrebbe svolgere il mondo dell'informazione. Who is still alive vuole riattivare e preservare una memoria personale e collettiva che rischia di essere cancellata: quella della vita quotidiana travolta dalla guerra, quella delle strade, delle case e soprattutto delle vite distrutte. Ma testimonia anche la sopravvivenza, le sofferenze, la pazienza, la forza di chi ci racconta tutto questo con grande dignità, in un rituale teatrale che assume una dimensione sociale e storica.
MIGLIOR ARTISTA MULTI-DISCIPLINARE
Morteza Ahmadvand (IRAN)
Firouzeh Khosrovani (IRAN)
Morteza Ahmadvand è un artista multimediale e regista, nato a Khorramabad, in Iran. Ha
conseguito un master in pittura presso l’Università di Teheran. Dopo essersi formato come artista visivo (oltre alla pittura, anche la scultura), si è dedicato alla video-arte e alla video-installazione, pratiche nelle quali sono visibili le tracce dei suoi precedenti studi. Negli ultimi dieci anni, il suo lavoro ha esplorato l’intersezione tra arte visiva e cinema, affrontando temi come l’identità, la memoria e la coesistenza culturale. La video-installazione Flight fa parte della collezione permanente del Centro Pompidou di Parigi, mentre la video-installazione Becoming è stata presentata alla Biennale di Venezia 2019 come parte della mostra collettiva The Spark Is You. Nel 2020 è stato il direttore artistico di Radiograph of a Family.
Firouzeh Khosrovani nata a Teheran, si è laureata all’Accademia di Belle Arti di Brera nel 2002. Tornata in Iran, ha conseguito un master in giornalismo e ha scritto per diversi quotidiani e riviste italiane. La sua carriera cinematografica è iniziata nel 2004 con il corto Life Train. Tre anni dopo, ha diretto Rough Cut, un documentario sui manichini mutilati nelle vetrine di Teheran, che ha vinto tredici premi internazionali. La video-installazione Cutting Off (2008) è stata esposta alla Triennale di Milano. Nel 2010 ha diretto A Thousand and One Irans, un lavoro che esplora la percezione dell’Iran all’estero. Ha partecipato a film collettivi internazionali, tra cui Espelho Meu (2011) e Archivio a Oriente (2012), prodotto da Asiatica Film Mediale e Istituto Luce. Nel 2014 ha diretto un episodio del film collettivo iraniano Profession: Documentarista. Nello stesso anno, con Fest of Duty ha esplorato una cerimonia religiosa che introduce bambine di nove anni al credo islamico. Con Radiograph of a Family (2020) ha vinto numerosi premi, tra cui due all’IDFA. Nel 2022 è diventata membro dell’Academy of Motion Picture Arts and Sciences.
PAST FUTURE CONTINUOUS
GLI UCCELLI DEL MONTE QAF si Morteza Ahmadvand, Firouzeh Khosrovani
Iran, Norvegia, Italia, 2025, 80', colore
Sceneggiatura: Firouzeh Khosrovani, Morteza Ahmadvand
Past Future Continuous (Gli uccelli del Monte Qaf) si incentra sulla vita di una ragazza che è stata spinta dalla sua stessa famiglia a lasciare la sua terra, l’Iran, sotto la spinta delle vicende sociali e politiche del paese. Per mantenere il rapporto con le sue radici e i suoi affetti, decide di installare nelle stanze e nel giardino dell'abitazione dove vivono sua padre e sua madre diverse telecamere di sorveglianza, sempre accese. La vita quotidiana nell'appartamento, il progressivo invecchiamento dei due anziani genitori innescano nella donna un flusso di stati stati emotivi, tra le inquietudini del presente, i ricordi del passato e le visioni del futuro. Accompagnato dalla voce fuori campo della giovane donna, sempre invisibile, lo spettatore finisce per fare propri, come se fosse il protagonista della vicenda, gli stessi suoi interrogativi: sugli affetti familiari, sulla distanza e sull'esilio, sul ruolo delle tecnologie come strumento di controllo e insieme veicolo di socialità e affettività, sull'eterno presente dello schermo in cui si fondono lo scorrere del tempo in diretta, i filmini dell'infanzia, ma anche le immagini che arrivano da un tempo in cui la vicenda si è ormai conclusa. Nella costruzione e nella composizione del film, i due artisti valorizzano tutta la ricchezza delle loro esperienze artistiche, intrecciando i diversi piani narrativi attraverso l’uso di “quadri” e immagini astratte, che richiamano le arti plastiche e visive. L’uso di immagini che riproducono quelle delle telecamere di sorveglianza richiama le installazioni audiovisive. I differenti piani temporali pongono lo spettatore in una atemporalità destabilizzante. La cura nella composizione delle immagini e la raffinatezza compositiva del montaggio amplificano la relazione tra i diversi linguaggi estetici. La casa dei genitori, la cui storia emerge via via dal racconto, diventa così la metafora del rapporto tra le proprie origini, gli affetti e la perdita, la relazione tra i luoghi e le persone.
06/09/2025, 11:43