Note di regia di "Dopo il rituale"
“Dopo il Rituale” è la rappresentazione allegorica della vita di una persona o della storia dell'essere umano nei suoi inevitabili mutamenti interiori e nel trascorrere del Tempo. Il cortometraggio, nella propria astrazione evocativa, che sa di poesia, dolore, riflessione metafisica, esprime l'epifania di uno sguardo nuovo sulle cose. Uno sguardo che dapprima sperimenta amaramente la perdita dell’innocenza, delle proprie illusioni e l’impossibilità di uscire da se stessi; e successivamente un approccio più consapevole, elaborato e maturo con la sfera etica-morale o con la dimensione spirituale del sacro; per arrivare infine ad accogliere intimamente l’inossidabile volontà di sorprendersi e meravigliarsi ancora una volta di tutto il Mistero che è all’interno e all’esterno dell’Uomo... La trama è un’allegoria dell’alienazione e del malessere esistenziale derivanti dal disagio di sentirsi smarriti e disadattati, frustrati e (in)sofferenti di fronte a una realtà cupa e tragica. La condanna della protagonista però non è tanto nel far esperienza di questa inquietante e angosciante condizione, quanto quella di scoprire che qualsiasi tentativo o strumento ella utilizzi per evadere, si rivelerà soltanto un’altra ennesima illusione che non porterà beneficio alcuno e non migliorerà la sua vita. La fuga da questo sistema repressivo avviene attraverso la sfera onirica, l’immaginazione fantasiosa, l’arte, la fede, il misticismo, etc., ma spesso questi canali non risultano veramente efficaci o sufficienti a placare il proprio tormento interiore in modo completo e pieno, duraturo e definitivo. Spesso sono valvole di sfogo temporanee, precarie, provvisorie, soprattutto per alcune tipologie di individui particolarmente sensibili o vulnerabili. E quando si arriva a superare ogni limite e a registrare ogni nuova caduta di illusioni, l’Uomo si ritrova suo malgrado più consapevole di sé e del mondo, della loro crudezza e del loro orrore. Totalmente denudato interiormente, l’Uomo si ritrova come davanti ad uno specchio, e scorge per la prima volta la sua vera essenza e la sua vera natura più profonda. Una natura nella quale bellezza e bontà si (con)fondono con la parte maledetta dell’essere umano, il lato orrorifico, perverso, folle, malvagio, ma anche l’altro da sé, il disturbante. Negare questa dimensione “mostruosa” che ci abita è un’impresa destinata al fallimento. L’Uomo quindi non potrà far altro che (ri)conoscerla, accoglierla e “accettarla” in sé. Imparare a saper “gestire” questa doppiezza, questa ambiguità, sarà il doveroso modo per avviare un utile processo di crescita umana che non ci faccia più soccombere al Male e all’orrore, ma che ci permetta di trasformare e rendere un po’ meno orribile tutto ciò che è o appare orribile…
Antonio Montefalcone