Note di regia di "Tre Ciotole"
“Tre ciotole” pone al pubblico una domanda molto semplice ma incredibilmente complessa: “Cosa significa essere veramente vivi?”
Nell’adattamento cinematografico di “Tre ciotole”, l’ultimo libro scritto da Michela Murgia prima della sua scomparsa, due anni fa, ci siamo concentrati su due dei suoi racconti: quello di Marta (la sublime Alba Rohrwacher) e quello di Antonio (un Elio Germano al suo meglio). Una donna e un uomo che incontriamo proprio nel momento in cui si lasciano. Il film si muove attraverso tutte le fasi delle relazioni umane, gli alti e bassi, le paure, le incertezze.
Marta soffre in silenzio e somatizza la rottura con Antonio, vomitando di continuo. Antonio crede di non amare più Marta eppure ogni angolo di Roma, ogni piazza, ogni supplì, ogni luogo che frequentavano insieme gli riporta alla mente il ricordo di lei e, poco a poco, si rende conto dell’errore che ha commesso. Attorno a loro, una danza di personaggi vulnerabili e forti, che cercano nell’amore un balsamo per guarire le ferite dell’esistenza e darle un senso.
“Tre ciotole” è anche un’occasione per tornare su alcuni dei temi che mi hanno interessata di più fin dall’inizio della mia filmografia. Come in “La mia vita senza me”, anche qui ci avviciniamo alla morte, ma da una prospettiva diametralmente opposta, quasi un capovolgimento di quell’approccio. Se lì avevamo strutturato la narrazione intorno all’impegno di costruire un’eredità, qui l’abbiamo incarnata in una protagonista senza eredi che, tuttavia, riesce a trovare il suo modo di vivere proprio quando non ha più nulla da perdere.
“Tre ciotole” mi offre ancora una volta l’opportunità di esplorare alcuni dei miei motivi cinematografici preferiti: la musica e la gastronomia. Nel primo caso, con il desiderio di avvicinarmi a ciò che ascoltano le nuove generazioni, ai fenomeni e all’iconografia che costruiscono la loro identità — qui, specifici idoli del K-pop. Nel caso del cibo, ponendo l’attenzione ancora una volta sui contrasti tra alta cucina e street food, come un altro modo per definire gli archi di ciascun personaggio.
Il cibo è anche una metafora della vita e della sua data di scadenza.
Voglio che il pubblico, uscendo dalla visione di “Tre ciotole”, si renda conto che qualunque cosa voglia realizzare nella propria vita, il momento per farlo è ADESSO.
Isabel Coixet