Note di regia di "Gioia Mia"
Gioia Mia racconta la storia di un bambino che compie un viaggio a ritroso nel tempo quando viene mandato a trascorrere le vacanze estive in Sicilia, ospite di un’anziana zia. La donna vive nella stessa casa in cui è nata e cresciuta, un luogo dove la tecnologia non è mai entrata e ogni oggetto conserva da sempre il suo posto, un luogo fermo nel tempo.
Il film esplora i limiti e le contraddizioni dei mondi opposti cui appartengono i due protagonisti: quello moderno, veloce e tecnologico dell’undicenne Nico, e quello antico, lento e misterioso della zia Gela, popolato da angeli e spiriti, dominato da un senso magico della religione e intriso di superstizione.
La distanza tra i due personaggi permette al racconto di mantenere un tono leggero, pur affrontando tematiche profonde come il dolore per le separazioni e l’eterno desiderio umano di combattere la solitudine, una dimensione nella quale sembrano essere sprofondati entrambi i personaggi. Il film si interroga su ciò che permane come universale e immutabile, nonostante la rapida evoluzione del mondo contemporaneo e su cosa resta oggi di ancora prezioso nello scambio tra generazioni.
La nostalgia è l’emozione dominante del racconto ed è all’origine della domanda che ha fatto nascere l’idea di questa storia, ovvero: dov’è finito quel tempo estivo dell’infanzia, quelle lunghe giornate calde, lente e noiose, quei pomeriggi senza scuola ne’ impegni, senza attività strutturate, senza nulla da dover dimostrare, quando nonne e anziane zie raccontavano ai bambini favole spaventose, ricordi di famiglia inquietanti, superstizioni e vecchie leggende? Storie che mettevano paura ma aiutavano a crescere perché permettevano di esorcizzare le paure più grandi come il buio, i fantasmi, gli spiriti, la fine delle cose, persino il primo amore.
Elemento centrale del racconto è la paura che prova il bambino per il rumore degli spiriti malvagi di cui tutti parlano nel vecchio palazzo dell’anziana zia.
Cresciuto in un ambiente razionale e scientifico, Nico rimane affascinato ma anche intimorito dal mondo magico e irrazionale di Gela nel quale è stato catapultato.
Per lui, il mistero degli spiriti, appare come la rappresentazione immaginaria e metaforica delle sue paure: quella di crescere e perdere le figure di riferimento come ad esempio la sua amata tata che sta per trasferirsi all’estero — una separazione che Nico vive come un lutto.
Spinto dalla curiosità, decide di partecipare a un gioco proibito organizzato dai ragazzini del palazzo per scoprire dove si nascondono gli spiriti, una sorta rito di passaggio. In modo inconsapevole, cerca di razionalizzare quel mondo magico e, al contempo, di crescere e affrontare le sue paure, scoprendo cosa si nasconde dietro la leggenda. Il mistero evoca i giochi proibiti dell’infanzia e le paure archetipiche che ogni bambino deve superare per crescere.
Il momento in cui Nico riesce a scoprire cosa si nasconde dietro la leggenda, coincide con la sua maturazione e trasformazione, non ha più paura degli spiriti ed è pronto ad affrontare il dolore della separazione dall’amata tata che non rivedrà più.
Ma non è solo lui a cambiare. Il suo arrivo, come un uragano, sconvolge il mondo immobile e controllato di Gela, provocando il caos. Con la curiosità tipica del fanciullo, Nico porta disordine, fa domande inopportune, fruga nei ricordi, scuote Gela e la spinge a rivelargli un segreto che lei non ha mai confidato a nessuno: la perdita di un amore impossibile, che l’ha segnata profondamente e ha plasmato ogni suo comportamento e decisione, spingendola a isolarsi. Da questo punto di vista, il film riflette sull'importanza dello scambio tra generazioni e mondi diversi come stimolo importante per accettare e capire meglio gli altri e quindi anche noi stessi.
Margherita Spampinato