Note di regia "Filtra la Luce"
È partito tutto da un testo, una poesia che descrive un ragazzo seduto a terra, spalle al muro, in una stanza avvolta dai primi suoni e luci di un’alba estiva. Davanti a lui un letto vuoto con le lenzuola stropicciate da una notte insonne. Sul pavimento i vestiti sparsi. Nell’aria il bisogno di stare a contatto con se stessi, con le proprie emozioni, con la verità di quel momento. “Questa stanza è un casino”, recita la prima riga della poesia. L’ho scritta nel 2019 dopo un incontro estivo inaspettato che mi ha portato a riprovare certe sensazioni e, probabilmente, a concretizzare il passaggio verso l’età adulta. La persona interessata non sa di avermi risvegliato da un lungo letargo emotivo. Non ho mai avuto il coraggio di dirglielo. Ero in un momento di grande fragilità, e ho temuto che quel sentimento, così bello, così avvolgente, potesse non essere corrisposto e che si trasformasse in veleno. Perciò ho deciso di proteggerlo creando una stanza dove potesse vivere. Con questo lavoro ho cercato di rimanere fedele a quelle impressioni, stando dove è difficile stare: nella coscienza dei propri limiti. “Filtra” cerca di tradurre le sensazioni che ho provato in quel periodo. Sensazioni dure, ma vitali che possono assumere tante sfumature diverse. Volevo raccontare le difficoltà dell’atto comunicativo malgrado la spinta profonda del desiderio. Una zona grigia in cui si tende ad aspettare e sperare che qualcosa accada.
Per ingannare l’attesa, si inventano realtà dove tutto diventa possibile.
Mario Putti