Note di regia di "Elena del Ghetto"
Elena è il cuore pulsante del film: ribelle, intuitiva, ironica, incapace di piegarsi. Attorno a lei si muove il ghetto di Roma, il Portico d’Ottavia, che diventa un vero e proprio coro: la voce collettiva di un quartiere che osserva, giudica, consola, condanna. Il film è costruito come un’opera: pochi personaggi principali e una comunità che fa da contrappunto, in un equilibrio costante tra dramma e leggerezza. È un racconto che guarda alla tradizione italiana e al neorealismo, ma con un linguaggio vivo, contemporaneo. Roma è la matrice di Elena: il suo cinismo allegro, la sua disperata vitalità, la capacità di ridere della tragedia e piangere nella commedia. È qui che nasce il tono del film, sospeso tra il popolare e il colto, tra speranza e malinconia. I dialoghi scorrono rapidi, spesso già “in corsa”, come nella vita vera. In questo modo il realismo non è solo estetico, ma emotivo. L’obiettivo è restituire un ritratto autentico e attuale di Elena Di Porto: donna libera, eroica e contraddittoria, simbolo dimenticato di una Roma che non smette di resistere.
Stefano Casertano