Note di regia di "Il Falsario"
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Negli anni '70 e '80 è vissuto a Roma
un falsario che ha incrociato
personaggi straordinari, poteri e segreti.
Questa è la sua storia.
O almeno una delle possibili".
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Il Falsario" è la storia “falsamente ispirata” alla figura reale di Antonio Chichiarelli, detto anche Toni della Duchessa - che voi conoscerete semplicemente come Toni - artista e falsario vissuto a Roma tra gli anni ’70 e ‘80. Ma dimenticate la verità per un attimo, perché il nostro Toni - interpretato da Pietro Castellitto - un avventuriero guascone, imperfetto, a tratti ragazzino e irrisolto, ha poco a che fare con le poche e misteriose informazioni che ci sono arrivate sul suo alter ego reale. Toni arriva a Roma dalla provincia nel 1976 e grazie all’incontro con Donata, interpretata da Giulia Michelini, gallerista che dalla borgata si è fatta strada nella Roma bene, inizia a realizzare falsi e a capire - senza troppa resistenza - che se vuole avere successo, quella è la direzione che dovrà seguire.
Ma "
Il Falsario" è anche la storia di tre amici che, in una stagione incerta dell’Italia, raggiungono la Capitale. Fabione (Pierluigi Gigante), Vittorio (Andrea Arcangeli) e Toni sono come tre fratelli ideali, tre modi diversi di stare al mondo: Fabione è il maggiore, carico di responsabilità e orientato verso un’etica che si fa estrema e violenta; Vittorio è quello “di mezzo”, cresciuto con meno attenzione e destinato a ritrovarsi con una personalità meno definita; Toni è il più piccolo e irresponsabile, sempre in cerca di una scorciatoia. Perché Roma, in questa storia, è un porto e una tempesta. Ti attrae e ti irretisce con le sue sirene, con la Storia che segna i volti di chi la vive da generazioni, sulle pareti dagli intonaci polverosi, sfiorate dalla luce calda dei tramonti. È la Roma sporca dove suonano musicisti ubriachi fino all’alba, la Roma dove tutto scorre, lento e impietoso. È la Roma che attrae e trattiene per sempre, che ti ammalia e avvolge. È la Roma degli artisti e dei morti ammazzati per strada. Ed è anche la Roma della mala locale, in cui si muove Balbo (Edoardo Pesce), un criminale che, a modo suo, non può non farsi voler bene.
Ed è tra le pieghe della Città Eterna che vive anche La Grande Storia. Indefinita, invisibile, articolata, prende forma nei panni distinti di chi muove i fili da dietro, quelli del Sarto, interpretato da Claudio Santamaria. Ma è quando la nostra storia che diventa Storia, in Via Caetani, il 9 Maggio 1978, che Toni dovrà scegliere chi essere, se farsi adulto. Perché è lì che arte, potere e segreti si intrecciano, e ogni passo può avvicinarti alla verità o spingerti ancora più lontano. La mia idea di film è stata quella di rendere questa avventura il più immersiva possibile, portando lo spettatore dentro un’epoca che non ho vissuto. E per farlo, oltre a un lavoro approfondito di ricerca condiviso con tutta la troupe, mi sono affidato ai pensieri, ai ricordi, alle idee di collaboratori di enorme talento che quegli anni li hanno vissuti seppur da bambini, come Mary Montalto ai costumi e Paolo Bonfini alle scenografie.
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Il Falsario" è senza dubbio un film di genere ma difficile da ingabbiare in un’unica etichetta. Perché, sempre con le dovute distanze (ma le reference devono essere alte altrimenti che reference sono) ha un pizzico dell’architettura narrativa de I soliti sospetti, uno sguardo alla ricostruzione storica di Munich ma sempre filtrato da un’italianità amara che è nel mio e nostro dna, quella di Monicelli, Risi, Scola e Germi.
Un gioco di identità e di toni che mescola ironia e tensione, memoria e invenzione.
Per questo motivo con Emanuele Pasquet, direttore della fotografia, ho cercato di riportare una resa estetica che ricordasse il cinema del periodo: zoom, trattamento effetto pellicola, alternati a macchina a spalla e momenti di dilatazione per creare un linguaggio che mescolasse il respiro attuale con la cura del realismo all’interno di un progredire, firmato dal montaggio di Roberto Di Tanna, che scandisce alternanze, pause, accelerazioni, ai fini di costruire una tensione viva e imprevedibile. E le musiche di Santi Pulvirenti sono un richiamo moderno alle sonorità dell’epoca, capace di muoversi tra slanci lirici, richiami elettronici sinth e costruzioni orchestrali potenti, ombre, attrazione e centrifuga, fino a scivolare verso il centro oscuro della grande Storia. Un rapido accenno va al tono del film, anch’esso ibrido. Con interpreti come Pietro Castellitto ed Edoardo Pesce non era possibile non giocare con sfumature ironiche. Infatti "
Il Flasario" è un film che vive di movimenti che vanno dall’amaro, al tragico. Ed è per questo che accanto alle musiche originali, il film utilizza brani di repertorio del periodo, vitali e divertenti, che restituiscono l’energia di quegli anni e accompagnano Toni nei momenti più leggeri e spensierati. Dai Boney M. a Renato Zero, da Cerrone a Ornella Vanoni, da Amanda Lear a Gino Paoli, fino a Iggy Pop e Bryan Ferry: un mosaico sonoro che fa da cornice alle sue avventure. "
Il Falsario" nasce più di tre anni fa e dalla sua genesi ha vissuto alti e bassi, rivoluzioni e colpi di scena impensabili. Ma è soltanto nel tempo, con il tempo, che si tempra il carattere, si stressano le storie, e se ne capisce l’importanza, perché come dice l’enigmatico Zu Pippo (Fabrizio Ferracane) “
Per le cose importanti ci vuole pazienza”.
Stefano Lodovichi