Note di regia di "La Verità Migliore"
E se parte di quello che pensiamo di aver vissuto non fosse vero? Se l’interpretazione di quello che è stato fosse sbagliata? Come se improvvisamente aprendo la porta della tua camera, ti ritrovi in una stanza differente, abitata da altre persone, arredata diversamente, con oggetti che non ti appartengono. Che fai? Chiudi la porta e scappi via? La chiudi e la riapri sperando che sia stata una semplice allucinazione? Oppure ci entri. Io ci sono entrata. Questo film racconta il mio viaggio in quella stanza.
Qualche anno fa durante le repliche di uno spettacolo si è avvicinato un gruppo di persone a me sconosciute. Si sono presentate come i parenti delle vittime dell’incidente aereo avvenuto il 5 maggio 1972 nei pressi dell’aeroporto di Palermo, dove perse la vita mio padre, Franco Indovina,
regista cinematografico affermato. Aveva 40 anni. Io ne avevo 6. Mi dicono che quello non è stato un incidente, ma un attentato. Che loro hanno incaricato un perito e dalla nuova perizia emerge che su quell’aereo c’era una bomba. E io che avevo tirato giù il sipario su mio padre mi stupivo del fatto che dopo cinquant’anni, loro stessero ancora a domandarsi cosa fosse veramente accaduto.
Ecco l’altra verità, quella a me sconosciuta fino a quel giorno.
Per quattro anni ho ascoltato le loro storie. Si sentivano dimenticati. In quanti si ricordano della tragedia di Montagna Longa? 115 morti, 80 orfani, 50 vedove, famiglie straziate dal dolore in una Palermo dove in quei giorni si sentivano solo campane a morto. Ho voluto dargli voce e memoria.
E così ho iniziato un percorso di ricerca umana e giudiziaria. E quelli che per me erano degli
sconosciuti sono diventati “Famiglia”.
Mi sono catapultata negli anni Settanta ho cercato evidenze che potessero dare luce a quella che per loro era la verità. Ma in realtà quel gruppo di persone mi stava aiutando a ritrovare qualcosa che avevo cancellato. E a poco a poco è riaffiorato il mio passato “dimenticato”.
Sono riemersi i film di mio padre, frammenti di ricordi.
Ho scoperto che di uno stesso avvenimento non tutti abbiamo la stessa memoria. C’è chi ha visto una cosa chi un’altra. “I ricordi ce li aggiustiamo” mi dice Ilde, una dei parenti. E scopro che forse la verità non è una sola, ma diverse possibili a secondo di come te le racconti. L’ho realizzato come se stessi scrivendo un diario, il mezzo cinematografico era la mia penna. Ho dato libertà alle loro parole e ai miei pensieri. Facendo scorrere immagini degli anni settanta come archivi della memoria.
Non ho lavorato su una sceneggiatura precisa. Erano loro che mi aiutavano a scriverla. E così mi sono lasciata guidare in un viaggio di ascolto e consapevolezze. Questo è un film che parla di coraggio. Di passato e di presente. Di come accettare la morte e sopravvivere.
Lorenza Indovina