Note di regia di "La Camera di Consiglio"
Il film racconta La Camera di Consiglio più̀ lunga della storia.
8 personaggi, 4 donne e 4 uomini, chiusi in un appartamento per 35 giorni. La Camera di consiglio del Maxiprocesso, celebrato a Palermo alla fine degli anni ’80.
8 giurati che si ritrovano in uno stato di detenzione come i condannati, e nello stesso luogo, nel giardino del carcere dell’Ucciardone, a ridosso dell’aula bunker. Solo un piccolo spazio
esterno, un cortiletto, dove uscire ogni tanto, per sentire l’aria i rumori, perché̀ tutto l’appartamento è completamente blindato, a prova di missili. All’interno nessun rumore, nessun suono, niente aria, tutto artificiale. Impossibile comunicare con l’esterno, neanche con una lettera, ignari di quello che succede, senza radio, televisione, con un agente dei servizi segreti che porta i pasti assaggiati precedentemente per essere sicuri che non siano
avvelenati.
Una clausura atipica, fatta di lavoro e di responsabilità̀ enormi, ma anche una convivenza che renderà̀ quei giorni strani e speciali per ognuno di loro. Certamente indimenticabili.
Perché́, nonostante tutto, restano l’ironia, l’entusiasmo, la capacità di ridere, e di prendersi
in giro...
Non un film sulla mafia, ma un film che racconta cosa succede a 8 persone in una situazione così estrema.
Estrema come luogo. Estrema per la mole di lavoro. Estrema per i vincoli a cui sono sottoposti. Estrema per l’orrore dei reati. Estrema per la quantità̀ di sentenze che gli 8 giurati sono chiamati a discutere.
Un film corale, con due protagonisti, Il Presidente della giuria e il Giudice a latere, girato tutto dentro un appartamento-bunker.
Una riflessione sui delitti e sulle pene.
Un confronto tra il Presidente e il Giudice a latere sul concetto di legge e quello di giustizia. “Al di là di ogni ragionevole dubbio”: dove passa quel confine?
Il racconto delle paure, le sorprese, le debolezze, che ognuno degli 8 personaggi proverà̀ in una convivenza così strana e speciale. Il rendersi conto, a poco a poco, della responsabilità̀ che ognuno di loro si è assunto. La fatica e il coraggio e la forza.
La scoperta, nel corso delle varie camere di consiglio, degli imputati da giudicare, la loro storie. L’orrore e la pietà, ma anche la paura di essere esposti alla loro vendetta.
Tra i giurati, 4 donne, in un processo fatto interamente di soli uomini, uomini gli imputati, uomini gli avvocati, uomini i giudici, quasi tutti i giornalisti.
La possibilità̀ di raccontare un processo mastodontico e così affascinante, durato 1 anno e 10 mesi, pari o secondo solo a Norimberga, attraverso il suo atto conclusivo: la Camera di Consiglio. L’unica parte del processo che si svolge a porte chiuse, che nessuno conosce, di cui non si è mai saputa la storia. Neanche fra le persone che hanno seguito e si ricordano del Maxi. Una storia che lascia stupiti e sorpresi.
Nessun materiale di repertorio, niente flashback. Un film con un impianto teatrale, che invece diventa cinema. Un racconto universale sulla giustizia e sulla pena. La forza delle storie personali che si dipanano giorno dopo giorno.
Un racconto che potrebbe essere compreso da una generazione che non ne sa nulla.
Fiorella Infascelli