VENEZIA 82 - DUSE di Pietro Marcello
C'è
Eleonora Duse, c'è Venezia, c'è
Pietro Marcello e – sopra tutto e tutti – c'è
Valeria Bruni Tedeschi, che incarna la “divina” attrice del teatro italiano del secolo scorso con un trasporto e un'energia uniche, dolorosa e dolente, persa nei suoi ricordi e nei suoi sogni, al limite della morte ma viva ogni volta che si trova su un palco, o sente vicina in qualche modo la sua presenza.
“
Duse” è l'opera che il regista campano ha realizzato senza modificare il suo stile e il suo credo cinematografico, fatto di immagini curate, di verità della pellicola, di capacità rara nell'integrare immagini di archivio con le parti recitate (o forse sarebbe il caso di dire il contrario, che le parti recitate si integrano con gli archivi: Marcello si definisce sempre prima archivista e documentarista).
La scelta è quella di raccontarne gli ultimi anni, gli ultimi atti, le ultime lacrime, gli ultimi sogni, in un periodo storico complesso – dalla fine del primo conflitto mondiale alla presa del potere di Mussolini – che inizialmente appare come sfondo ma che lentamente (in modo inesorabile e totalizzante, però) sovrasta tutto, lei e il suo Gabriele D'Annunzio, il destino dei singoli e di un'intera nazione che dopo questi fatti non sarà più la stessa (simbolico nel film il dialogo con la collega-rivale Sarah Bernhardt, che le rimprovera proprio di fare le stesse cose di prima anche dopo il trauma della guerra).
La “divinità” dell'attrice è un po' quindi da immaginare, non vedendola rappresentata nei suoi anni migliori, ma basta il dialogo con una brava Gaja Masciale per mostrarci la sua applicazione nella costruzione di un personaggio per averne un'idea, efficacissima. "
Non volevo fare un biopic, volevo trovare il suo spirito", confida Marcello presentando l'opera.
Ci sono tanti primi piani, nel film: lo sguardo di Duse è al centro dell'inquadratura (più delle sue mani, che erano una delle sue caratteristiche recitative), quasi per sottolineare la differenza principale tra le due arti, come per evidenziare il potere del cinema, dall'attrice sicuramente amato (lo dice lei stessa) ma con cui non è mai davvero scattata la passione.
Attorno a Bruni Tedeschi un gruppo di colleghi che cercano di tenerle testa: le donne sono un po' trattenute (le rigide interpretazioni delle “rivali” nel ricercare il suo affetto, la figlia Noemie Merlant e l'assistente Fanni Wrochna), più spazio sembra disponibile per il talento genuino e istrionico di Vincenzo Nemolato, o per l'anziano e decadente D'Annunzio di Fausto Russo Alesi.
03/09/2025, 18:45
Carlo Griseri