Note di regia di "Il Figlio più Bello"
Un uomo dai bellissimi occhi azzurri e uno sguardo da bambino avanza ondeggiando lievemente per il centro di Perugia: parla tra sé e sé, di tanto in tanto gesticola con una mano come a dirigere una invisibile orchestra, poi s’infila in un negozio di dischi, sfoglia assorto delle copertine di LP e Cd e via, di nuovo fuori, si ferma ad una bancarella che vende saponi e profumi, ne prende alcuni e li annusa, ma ora è una libreria ad attirare la sua attenzione, anche qui gira velocemente gli espositori di libri e riviste, infine esce e sparisce tra i vicoli della città medioevale seguendo il filo invisibile dei suoi pensieri.
È questo il percorso che Matteo, 45 anni e un disturbo dello spettro autistico, fa ogni pomeriggio per tornare dal negozio equo e solidale dove lavora a casa. Un quarto d’ora, venti minuti al massimo, per la maggior parte delle persone. Ma per Matteo è quasi sempre un’ora, un’ora e mezza. Perché quel tragitto è la conquista abbastanza recente di una nuova autonomia: ogni giorno quel suo andare solitario è una piccola avventura, fatta di soste variabili, chiacchiere con sé stesso o coi negozianti. E quel suo girovagare non è mai un perdersi ma la scoperta, anche percorrendo sempre lo stesso tratto di strada, di cose nuove e di nuove conoscenze. Da venticinque anni Matteo vive in un appartamento a Perugia, dove si sono alternati nel tempo diversi coinquilini. Ma uno di loro, Marco Casodi, che dirige ora la fondazione ‘La città del sole’, è sempre rimasto in quella casa con lui. Il padre di Matteo, Stefano Rulli, sceneggiatore e regista, da molti anni è tornato a vivere a Roma.
La madre di Matteo, Clara Sereni, scrittrice e intellettuale prestata alla politica, è morta nel 2018. Sono loro che nel 1998 hanno dato vita a Perugia a La città del Sole, per promuovere l’integrazione nella società di giovani con problemi di salute mentale. In quello stesso anno Marco e Matteo diventano il nucleo del primo appartamento del progetto P.R.I.S.M.A. della Fondazione, che si propone ancora oggi di far convivere giovani pazienti psichiatrici con studenti universitari fuori sede, dando loro l’opportunità di usufruire gratuitamente di un appartamento. Dopo un lungo periodo in cui hanno abitato assieme ad altri, Marco e Matteo stanno sperimentando da qualche anno una convivenza a due. Perché Marco ha deciso di vivere con Matteo da solo? Cos’è diventato Marco per Matteo? Un amico, un fratello, un padre per meriti acquisiti o un compagno di avventura quando per avventura si intende la vita? Stefano se l’è chiesto innumerevoli volte e di volta in volta si è dato risposte diverse, con sentimenti diversi per poi sempre lasciare aperta quella domanda. Ma quando Marco decide di organizzare per Capodanno un viaggio con Matteo in Estremo Oriente, Stefano sente di dover capire meglio cosa sia quella relazione e quella strana famiglia che compongono lui, Marco, e Matteo.
Cambogia e Vietnam: dall’altra parte del mondo. Matteo si mostra entusiasta all’annuncio di Marco, forse perché Saigon è un nome curioso e Phnom Penh ha un suono che fa ridere. Il progetto invece scatena in Stefano ansie e preoccupazioni. Eppure non è la prima volta che suo figlio affronta un viaggio all’estero senza di lui. Ma un viaggio in Indocina per più di un mese, Marco e Matteo da soli... All’improvviso e per la prima volta Stefano sente di essere tagliato fuori, perché qualunque cosa accada al figlio lui non potrà intervenire.
Quella partenza è vissuta dunque come una perdita di controllo su Matteo: violenta, totale. E forse rimanda ad altre separazioni. E ad altre perdite. Sì, perché ciò che è cambiato rispetto al passato è una sensazione di fragilità tutta nuova che prova Stefano, ora che ha superato la soglia dei settant’anni, un’età nella quale è inevitabile porsi molte domande sul futuro, soprattutto quando si è unico genitore di un figlio non autonomo. Che ne sarà di Matteo quando lui non ci sarà più? Quanto ancora Marco potrà stare accanto a lui, e chi potrà vivere con lui dopo Marco? E cosa ne sarà della Fondazione creata assieme a Clara, anche pensando al futuro di suo figlio? Insomma per Stefano è arrivato il momento di fare i conti con la sua vita: riflettere sul futuro della Fondazione dopo-di-lui, conoscere meglio il rapporto che lega Marco a Matteo, capire quali margini ci sono per accrescere l’autonomia di suo figlio e per programmare il suo domani.
Torna quindi a Perugia per ricevere rassicurazioni da Marco, sul viaggio in Vietnam prima di tutto, ma anche per confidare le preoccupazioni su suo figlio alla psichiatra della Fondazione, Raffaella Serra, che anche lei negli anni dell’università ha vissuto in casa con Marco e Matteo. In attesa della partenza Matteo frequenta come sempre il Centro Diurno, che è anche sede del ristorante Numero Zero, dove collabora con altri giovani e meno giovani pazienti psichiatrici. È circondato dal loro affetto e da quello degli operatori ed operatrici del Centro. Sta bene con loro. I suoi momenti di aggressività e violenza, molto frequenti quando era ragazzo, sono ormai rari. E l’idea del viaggio continua a divertirlo. Eppure nelle ultime settimane Matteo ha delle improvvise crisi di pianto, delle quali nessuno sa darsi spiegazione. Marco, che con lui tende sempre a sdrammatizzare tutto (tranne la crisi economica attraversata tempo prima dalla Fondazione per via del ritardo dei finanziamenti regionali), chiede che gli sta succedendo. Matteo allora -asciugandosi le lacrime- confessa che c’ha una crisi. Che crisi? Matteo, a fatica, mormora: ‘Una crisi economica.’ Cosa vuole dire Matteo con le sue lacrime? Quali angosce sta vivendo? Cosa c’è dietro alle sue “crisi economiche”? Percepisce forse l’ansia di Stefano? O è la convivenza a due con Marco che sta diventando pesante per entrambi? Le psicologhe della Fondazione, per provare a capire il senso di quel pianto organizzano un incontro con Marco e Matteo e poi con Stefano. Il nostro film però non si limita a raccontare questo presente, riemerge anche la terribile fatica che Stefano e Clara hanno dovuto affrontare nel crescere un figlio aggressivo e con problemi, e come da questa fatica e dolore abbiano reagito costruendo una realtà non profit che oggi è d’aiuto per tanti pazienti e per le loro famiglie.
Giovanni Piperno, Stefano Rulli