Note di regia di "Eva"
Eva ha scelto di vivere fuori dalla società, è una homeless che ha trovato nella natura un ventre che la accoglie. È una campeggiatrice terribilmente solitaria che fa chilometri a piedi, abbraccia gli alberi e di notte, seduta su una sdraio all’aperto, guardando le stelle, cerca un po’ di conforto. Perché un giorno, per un motivo che non conosciamo, qualcosa ha fatto clic nella sua testa, e lei è uscita dal contesto degli umani, ha detto basta. È andata via. Ha fatto “incontri” strani. E, a partire da quel momento, ha iniziato a compiere azioni che sono irreversibili, irrecuperabili.
Da quel momento è morta e non può più tornare indietro. Perché Eva ha una missione, uno scopo: vuole salvare i bambini. Un tema - quello dei bambini in pericolo - da cui Eva è ossessionata. Come una Giovanna D’arco punto zero, santa di un calendario che ancora deve essere inventato, lei agisce. Combatte. E quando ha un tentennamento, quando vorrebbe fermarsi, sente addirittura di dover chiedere scusa. Perché qualcuno Lassù osserva i suoi passi e la guida. Qualcuno che forse esiste, forse no. Ma di certo esiste nella sua mente di donna tormentata da visioni catastrofiche che parlano di disastri e di percorsi iniziatici per ritrovare la strada, per trovare la pace. Ma anche - quando Eva incontra Giacomo e il piccolo Nicola - della possibilità di vivere una nuova vita, diversa, felice, più pulita, a contatto con la natura e con le api, che lei adora e vede in pericolo. Quindi un film sull’ecologia e sulla fede, sulla speranza di poter cambiare le cose.
Addirittura, anche il passato. Un film sui disastri di un mondo in forte crisi che pone gli esseri umani in situazioni così al limite e dolorose da poterli far deragliare. Un film che, come il mio precedente Buio, mescola vari generi, dal dramma familiare al thriller allo sci-fi. Perché - come ormai vediamo sempre di più al cinema - è impossibile raccontare il nostro tempo e un mondo complesso come il nostro senza prendere in prestito dai vari generi cinematografici i frammenti di stile e contenuti più efficaci per raccontare ciò che ci serve. Un film infine su una ribellione. Pazza, assurda, non giustificabile in nessun modo. Ma - in quanto umana, e dettata da un dolore devastante - forse comprensibile. Da qui la scelta di raccontare il personaggio dal suo punto di vista, dal di dentro, con empatia. Senza la solita scappatoia della “caccia al mostro”. Perché sia ben chiaro, io Eva non la giustifica e non la perdono. Ma, conoscendo il suo immenso dolore, un dolore che può far impazzire, cerco solo di capirla.
Emanuela Rossi