Note di regia di "Sandokan"
Il nostro Sandokan è una origin story, e credo che questo renda il progetto estremamente interessante, perché ci costringe a raccontare l’arco di un personaggio che nasce Pirata, circondato da una ciurma di pazzi e di briganti, e diventa Principe e Condottiero di un popolo. Come è diventato Sandokan, Sandokan?
Il segreto per realizzare la serie per come la vedrete, è che ci siamo preparati per anni, e poi abbiamo girato in giungle, grotte, mari e laghi, sia in Italia – tra la Calabria e gli studios di Formello – che in Thailandia e sull’isola della Réunion, vicino al Madagascar. È stato un grande sforzo produttivo in cui ogni reparto ha dato il massimo, mettendo assieme una “scatola di bottoni” da cucire addosso al mito di Sandokan. Siamo fieri di presentare al pubblico il frutto del nostro duro lavoro, durato anni, giorni e notti. Il nostro è un nuovo esperimento, che conta sull’affetto di quelli che all’epoca furono milioni di spettatori, e che spera di conquistare anche le nuove generazioni. Nel realizzarlo abbiamo pensato a quanto sarebbe stato bello riunire una famiglia intera davanti allo schermo, come succedeva una volta… tre, a volte quattro generazioni insieme! E allora ci siamo concentrati sul bambino che abita il cuore di ogni adulto e abbiamo provato a sorprenderlo, a sfidarlo, partendo prima di tutto da noi stessi! Siamo pronti ad arrivare su Rai Uno e poi in tutto il mondo, per riportarvi con noi in rotta per i mari del Borneo, col pirata che diventerà la Tigre della Malesia!
Jan Maria Michelini
Uno degli aspetti che mi ha sempre affascinato nell’affrontare Sandokan è il fatto che Salgari, pur non avendo mai messo piede nei luoghi che descriveva, sia riuscito a evocare
mondi straordinari, capaci di accendere l’immaginazione di milioni di lettori in tutto il mondo.
È proprio quel senso di meraviglia che abbiamo avuto come obiettivo sin dall’inizio della nostra avventura. La meraviglia per un mondo esotico e lontano, certo, ma anche — e forse soprattutto — per quegli aspetti che purtroppo diamo troppo spesso per scontati. Perché Sandokan non è solo un’avventura: è un viaggio emotivo, fatto di legami, ideali, e di una ricerca di senso che parla al cuore di ogni epoca. Ci siamo ispirati al cinema epico e pittorico, ma anche a un immaginario più intimo e poetico. Volevamo evocare la nostalgia per ciò che si perde, la libertà che si rincorre, il calore di una comunità di ribelli che si scelgono ogni giorno. Con il cast abbiamo lavorato duramente ogni giorno sul set: da un lato, cercavamo di restituire la forza archetipica dei personaggi salgariani (Sandokan, Yanez, Marianna…), dall’altro cercavamo un’umanità più fragile, intima, moderna ma soprattutto spirituale. Sandokan parla di libertà, appartenenza, identità. Ma anche di amore e di perdita.
Alla base della storia c’è una domanda semplice, ma universale: cosa siamo disposti a sacrificare per diventare davvero noi stessi? In fondo, Sandokan parla proprio di questo: della lotta per la libertà, ma anche della fatica di capire chi siamo davvero.
Nicola Abbatangelo